GREAT REVIEW OF "COMPASSES AND MAPS" by Pierangelo Valenti

"Nuovo album per la Piedmont Brothers Band i cui fondatori, lo statunitense Ronald Martin ed il nostro Marco Zanzi, calzano ormai gli abiti di guru nella preservazione e riproposta del repertorio “Americana”, e la formazione allargata, comprendente amici di lunga data, compagni di palco e di tante avventure musicali, è sulla giusta strada per diventare un’istituzione, specie qui in Italia, in merito alla bontà, fedeltà e passione, il tutto non avaro di originalità, di trattare il country rock, genere vivo e vegeto che sembra a volte in agonia (quando viene lasciato per troppo tempo a riposare, e non solo da noi), ma che invece cova gagliardo sotto la cenere per manifestarsi alla grande quando meno ci si possa aspettare. Ho ascoltato per la prima volta un mese fa il promo di “Compasses And Maps”, una vera e propria sorpresa nella cassetta della posta, al buio, nel senso che non sapevo quasi nulla della tracklist ignorando completamente gli autori delle composizioni (a parte qualche covers conosciuta), i cantanti (più di uno) ed i musicisti responsabili della resa finale fisicamente in studio o virtualmente presenti tramite la rete, anche se in molti casi ho lavorato di immaginazione e l’orecchio allenato si è reso utile. Ma, bando alle ciance, mi preme ricordare qui quattro titoli che si elevano sopra gli altri nove di una buona spanna. “She Blew This Place”, brano firmato dai due leaders, e forse considerato “minore”, ma di cui il sottoscritto si è innamorato alla follia grazie ad un tocco di moduli compositivi alla Jackson Browne (più che palese) e soprattutto ad una dodici corde ispirata, alla Tom Petty del periodo di “Damn The Torpedoes”, che fa la grande differenza nel costruire un amalgama, pilotare un suono e determinare un missaggio che rasentano la perfezione. Lasciatemi incrociare le dita per la sua candidatura a prossimo singolo della band… La ineguagliabile voce di Rosella Cellamaro (Auntie Rosie), che abbiamo già imparato a riconoscere ed apprezzare nei lavori precedenti, dal timbro particolare e assolutamente personale, in un’interpretazione con tutte le caratteristiche di una sorta di relax naturale per l’ascoltatore (sembra accarezzare alla lettera i nostri padiglioni auricolari), regala a “Tequila Sunrise” un’atmosfera rarefatta ed incantata come raramente abbiamo sperimentato in precedenza. Ancora. Non posso fare a meno di citare lo straordinario arrangiamento di “It Doesn’t Matter”, titolo che non mi ha fatto mai impazzire, come in generale la penna di Hillman (esclusa ovviamente la parentesi irripetibile country-psichedelica di “Younger Than Yesterday”), anche se personalmente avrei ripescato da “Manassas” la indimenticabile “Johnny’s Garden”. Questione di gusti, per carità. Qui l’ottimo lavoro del basso di Mike Gallivan e la scelta di duettare e duellare del mandolino (Marco Zanzi) con la chitarra acustica (Doug Rorrer) in un avvincente e coinvolgente crescendo di botta e risposta, che avrei prolungato per almeno un altro minuto, vale da solo la pena di cercare e “mettere in cascina” il cd. A propostito, non sapevo che Rick Roberts fosse accreditato quale autore della traccia insieme a Hillman e Stephen Stills. E poi, come trascurare “Here Without You”, voce appassionata di Ron Martin, coadiuvata dal pianoforte di Manuel Corato e dal violino di Anna Satta, in una versione quasi demo che sembra ritornare a casa sua da un Gene Clark in trepida attesa, Cenerentola dopo il tanto sospirato ballo alla corte Byrds. Ed infatti in tale veste, scarna ma efficacissima, il cantautore di Tipton (Missouri) era solito eseguirla dal vivo e sicuramente così era nata. Una nota particolare merita la bellissima copertina squisitamente in tema disegnata da Manuela Huber. L’album è uscito ufficialmente il 15 giugno per i tipi della IRD ed è reperibile in tutti i negozi di dischi, oltre che tramite Marco (c/o profilo facebook o marcozanzi@tin.it)."

Pierangelo Valenti / June 2015

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